di Igor Zecchini
Sabato 12 ottobre più di duemila antirazzisti hanno sfilato a Milano chiamati dalla rete “Mai più lager – no cpr”. Una manifestazione che aveva al suo centro, oltre che la mobilitazione contro l’apertura del nuovo CPR di Via Corelli, una serie di grandi obiettivi a partire dal ritiro dei decreti Salvini fino alla richiesta della totale apertura per profughi ed immigrati di porti e aeroporti.
Accanto a questi temi, ovviamente, non poteva mancare la solidarietà con il popolo curdo sotto attacco delle forze militari di Erdogan e ben visibile con la presenza della comunità curda milanese in testa al corteo.
E’ la terza volta in meno di un anno che la rete porta in piazza migliaia di persone per protestare contro l’apertura, annunciata da tempo ma oggi confermata per fine ottobre o inizi novembre, del Centro di Permanenza per i Rimpatri di via Corelli. Si tratta di una strada alla periferia della città e già sede del Cie e del CPT, nomi diversi per la stessa minestra: un centro di detenzione amministrativa dove i diritti giuridici sono sospesi, dove si è detenuti senza aver commesso reati, dove può accadere qualsiasi cosa tanto i contatti col mondo esterno sono totalmente impediti, dove ci entri (o meglio ti rinchiudono) se sei profugo/a o immigrato/a.
Ma anche se su tematiche coincidenti o comunque simili, una differenza tra questa e le manifestazioni precedenti c’era e ha pesato. Il lancio della scadenza del 12 ottobre è avvenuto prima dell’estate con governo Conte-Salvini-Di Maio in carica. A settembre, quando ci si è ritrovati per attivare l’organizzazione fattiva della mobilitazione, il quadro politico era completamente cambiato (nelle formule ma molto meno nella sostanza) e a governare l’Italia c’era un altra alleanza politica, quella che ha dato vita al Conte bis, in cui il PD sostituiva la Lega.
Sono bastati però pochi giorni a sgomberare il campo da illusioni e speranze di cambiamento che avrebbe portato il Conte bis e questo proprio sulla questione dell’accoglienza dei profughi e degli immigrati che è stato il terreno su cui, nei mesi precedenti, il PD e i suoi satelliti, avevano sviluppato una campagna antisalviniana denunciando i pericoli e la disumanità dei comportamenti dell’ex ministro degli interni, salvo poi allearsi con gli stessi che quel comportamento avevano completamente avvallato e sostenuto.
Basti ricordare la manifestazione del 2 marzo scorso a Milano quando decine di migliaia di persone sono scese in piazza per chiedere l’apertura dei porti. Peccato che alla testa del corteo vi fosse il sindaco Beppe Sala che, per dare un colpo al cerchio e uno alla botte, dopo pochi mesi ha fatto attuare nella città il daspo urbano di minnitiana origine, vantandosi anche che, sui quattromila espulsi a livello nazionale, ben mille sono quelli/e espulsi dalla nostra città.
Già alla formazione del governo è stata esplicita la volontà di non mettere mano ai decreti sicurezza mantenendo così l’apparato giuridico repressivo inaugurato da Marco Minniti e proseguito dal fascioleghista Salvini. Il 23 settembre è stato siglato l'”accordo di Malta” (con la codifica a livello europeo della restrizione del campo di azione delle ONG), poi si sono confermati gli accordi con i torturatori libici, è stato siglato dal ministro Di Maio un decreto per la diminuzione dei tempi necessari per i rimpatri (leggi diminuzione delle garanzie legali per i/le profughi/e), è stato stilata sempre in questo decreto una lista di paesi sicuri provenendo dai quali è praticamente automatico il rimpatrio.
Ciliegina sulla torta, lo diciamo sopra, per quello che riguarda Milano viene confermata la prossima apertura del CPR confermando che questo governo nei fatti si muove nella stessa direzione e con lo stesso fervore securitario di quelli precedenti: altro che cambiamenti!
La manifestazione del 12 ottobre, un successo nonostante le difficoltà politiche di cui sopra e la concomitanza con le decine di manifestazioni a sostegno del popolo curdo convocate in moltissime città (cosa che ha evidentemente limitato la partecipazione extracittadina che invece è stata importante in quelle precedenti), è diventata così la prima significativa mobilitazione contro il governo Conte bis e siamo orgogliosi, come Sinistra Anticapitalista, di essere parte della rete e di avere contribuito, per tutto quello che ci è stato possibile, alla riuscita di questo momento di piazza.
Ora si tratta di riprendere il cammino su due fronti. Intanto occorrerà attrezzarsi per la nuova situazione con il CPR di via Corelli che diventerà attivo nella sua funzione di carcere non dichiarato e quindi accompagnare alla strategia di piazza altre forme di iniziativa. In secondo luogo a partire da oggi e per tutto il mese di novembre avremo momenti di mobilitazione nazionale importanti: il 25 ottobre ci sarà uno sciopero generale di una serie di sindacati di base, il 9 novembre a Roma è convocata una manifestazione nazionale antirazzista e contro i decreti sicurezza, il 23 novembre ci sarà la manifestazione nazionale delle donne lanciata da Non una di meno, il 29 novembre è convocato un nuovo sciopero per il clima. Tutte mobilitazioni che muovono da una profonda critica a questa società come è stata quella della rete Mai più lager – no cpr di sabato scorso. L’idea di trovare punti di convergenza ed azione comune non è peregrina.
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