di Giorgio Simoni
Probabilmente la maggior parte dei milanesi non è ancora consapevole del fatto che le tariffe del trasporto pubblico, a partire dal prossimo anno, subiranno un aumento vertiginoso. Ma la decisione è presa, mancano solo gli atti amministrativi che formalizzino il provvedimento. Il biglietto singolo passerà da 1,50 a 2 euro (+33%), il carnet da dieci corse da 13,80 a 18 euro (+30,4%), il titolo giornaliero da 4,50 a 7 euro (+55,6%). Rincaro anche per l’abbonamento settimanale, da 11,30 a 17 euro, e per il mensile: da 35 a 39 euro.
Appare giustificabile questa decisione del Comune di Milano? A noi pare di no. Ci sembra che i lavoratori e le lavoratrici abbiano già stretto abbastanza la cinghia. E se il prezzo medio del gas metano, nei primi otto mesi dell’anno, è aumentato del 27,6%, con conseguenti effetti sulle bollette, l’incremento delle tariffe di un servizio essenziale come il trasporto pubblico sarebbe un’altra legnata sui denti.
I servizi pubblici dovrebbero svolgere un ruolo di «calmiere» rispetto all’inflazione. La decisione della giunta Sala avrà l’effetto opposto, ovvero di «tirare la volata» a un più generale aumento dei prezzi dei beni di largo consumo.
Tutto questo, mentre il pittoresco assessore ai Trasporti Marco Granelli continua a vaneggiare di «potenziamenti» del trasporto pubblico che nessuno ha notato.
Il Comitato «ATM pubblica»
Comunque, non siamo gli unici a pensarla così.
Il Comitato «ATM pubblica», al quale partecipiamo, riunisce forse politiche, sociali e sindacati di base che si battono contro ogni ipotesi di privatizzazione, parziale o totale, dei servizi erogati da ATM e per una gestione partecipata dal basso del trasporto pubblico a Milano.
Il Comitato ha deciso di prendere posizione contro l’aumento delle tariffe, che vede legato soprattutto alla necessità di «coprire le maggiori spese provocate dal coinvolgimento di soggetti privati nella costruzione e gestione delle due nuove linee di metropolitana M4 e M5». La scelta di Sala e soci, poi, porterà «a un aumento dell’uso delle auto private e dell’inquinamento, con gravi conseguenze sulla salute dei cittadini e delle cittadine di Milano».
L’assemblea pubblica del 29 novembre
Un’assemblea pubblica tenterà di fare il punto della situazione e di capire quali iniziative si possono mettere in campo per contrastare la scellerata decisione. L’appuntamento è per giovedì 29 novembre, alle ore 20:30, presso il circolo Arci di via Bellezza 16 a Milano.
Non sono solo le considerazioni sugli effetti sul costo della vita, a indicare che la scelta della giunta Sala è profondamente sbagliata. Ogni giorno, l’allarme lanciato da questa o quella organizzazione internazionale o comunità di scienziati ci ricorda la necessità di scelte politiche drastiche a fronte delle minacce indotte dal cambiamento climatico. Servirebbero, solo per citare due esempi, progetti di larga scala in favore delle energie rinnovabili, così come importanti investimenti nelle infrastrutture di trasmissione e distribuzione dell’energia: ciò è vero anche nel campo della mobilità urbana, dal momento che per sostituire gli autobus a motore diesel con veicoli a trazione elettrica, è necessario creare un’adeguata rete di punti di ricarica delle batterie, e ciò ha un impatto non indifferente sulle infrastrutture citate.
Tuttavia, non sembra esserci affatto consapevolezza di queste necessità, che richiederebbero una forte dose di decisioni pubbliche e centralizzate e che non possono dipendere dalle irrazionali scelte del cosiddetto «libero mercato».
La crisi ecologica e i suoi complici
Nel 1973, il brusco aumento del prezzo del greggio e dei suoi derivati, dovuto anche alla guerra del Kippur, provocò una grave crisi energetica. Il governo italiano, nel mese di novembre, fu costretto a varare misure drastiche: vietata la circolazione di auto e moto nei giorni festivi, chiusura anticipata per locali e uffici pubblici, ridotta l’illuminazione stradale e la tensione della corrente elettrica.
Di fronte alla gravità della crisi ecologica incombente, sarebbe necessario proporre nuovamente provvedimenti come questi, nel mentre di una conversione complessiva dell’economia e del modo di vivere, compatibile con l’ambiente, che peraltro noi riteniamo possibile solo in una prospettiva ecosocialista e non realizzabile nell’attuale modo di produzione capitalista, fondato sul profitto di un’infima minoranza.
Aumentare il prezzo dei trasporti pubblici, quindi sfavorirne l’uso in favore dell’automobile, è invece un piccolo atto di complicità con la catastrofe che ci aspetta.
Foto di Daniel Mennerich
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