Quello che sta succedendo i questi giorni all’aria milanese è di una gravità drammatica. La nube tossica che si sta sprigionando da via Chiasserini a seguito dell’incendio di sedicimila metri cubi di rifiuti stivati illegalmente, ha raggiunto gran parte della città. Quella che i responsabii dell’ambiente chiamano riduttivamente “puzza”, è evidentemente e palesemente il prodotto di incendio di materiali plastici e l’odore sprigionato (assolutamente riconoscibile) porta con sé, oltre a disagi immediati a gola e occhi di moltissime persone, anche la diossina le cui conseguenze cancerogene sulla salute umana sono a conoscenza di tutti.
Ora evidentemente non siamo in grado di dire quale tipo di diossina e in quale quantità viene prodotta dall’incendio, lo faranno le analisi chimiche che dovrebbero essere a disposizione nella giornata di mercoledì 18 ottobre, ma quello che ci pare intollerabile è il tentativo di minimizzare la situazione che Sala, Scavuzzo e Granelli stanno perseguendo in queste ore.
Non si trattava di diffondere “panico tra la popolazione”, si trattava di prendere le misure adeguate ad una situazione emergenziale non nascondendo la testa sotto la sabbia sperando in un vento liberatorio che non arriva. Sarebbe stato necessario prendere provvedimenti cautelativi immediati che coinvolgessero la città intera, fermandola anche per alcuni giorni, fino ad avere chiaro la situazione dell’aria. Non averlo fatto, per non disturbare “il motore economico dell’Italia”, risponde ancora una volta alla logica di mettere il profitto davanti alla salute e alla vita della popolazione.
Questa vicenda, vedremo come continuerà nei prossimi giorni, ha intanto sollevato, questa volta in modo drammatico, nuovamente il problema dei rifiuti (chiamati speciali ma che in realtà sono i normali rifiuti generati dal modo di produzione capitalista) e del giro criminale che sta dietro a questi. Dopo la Terra dei fuochi siamo passati ai depositi dei fuochi. Diciasette sono i depositi di rifiuti bruciati dall’inizio dell’anno in Lombardia e praticamente in tutti i casi si è trattato di incendi dolosi.
Occorrerebbe un intervento massiccio di controllo e repressione su tutto questo settore dell’economia e il coinvolgimento della popolazione residente attorno a tutti i siti di stoccaggio. Invece si continua a intervenire con leggerezza responsabile. Mentre non si è esitato ad arrestare Massimo Lettieri della RI-Maflow, nel tentativo di addossare a quella realtà di economia solidale responsabilità che sono esattamente all’opposto della sua ragione di esistenza, l’amministratore della Ipb Italia la ditta proprietaria del capannone, dimessosi casualmente il giorno prima dell’incendio, è ancora libero.
Colpevole anche la sottovalutazione della situazione da parte della amministrazione comunale che, mentre sempre in bovisa qualche tempo fa ha presidiato per alcuni mesi con pattuglie della polizia municipale un’area dello scalo ferroviario Bovisa utilizzata per una tendopoli di senza casa, non ha ritenuto importante presidiare questa bomba chimica.
Le conseguenze le stiamo pagando tutti e tutte.
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