L’8 aprile Friday’s For Future di Milano ha inviato una lettera al sindaco di Milano e al presidente della regione Lombardia. Riproduciamo un articolo pubblicato su Red On Green, il sito dei collettivi ecosocialisti legati a Sinistra Anticapitalista.

di Gabriele Stilli – del Collettivo Controtempi


Non si può dire che Fridays For Future stia vivendo una vita rigogliosa. Venuta meno la sua principale arma, la manifestazione, sta attraversando una fase carsica, di cui sarebbe azzardato vaticinare gli esiti, ma su cui ci si può fare delle idee se guardiamo al percorso fatto finora. Se Fridays For Future, in cui chi scrive milita, è (o forse sarebbe meglio dire: è stato) un momento importante di creazione di coscienza, dall’altro ha mostrato dei limiti evidenti, che non gli stanno permettendo di affrontare l’attuale situazione. Oggi FFF si riduce a un numero estremamente esiguo di attivisti rispetto alle grandi masse di persone che sono scese in piazza. Essendo in buona parte un prodotto mediatico, legato a una storia accattivante che poteva essere vendibile per i giornali, il movimento ha sempre vissuto una scissione tra chi scendeva in piazza e chi invece lo organizzava, al punto che diventa difficile parlare di movimento se non in senso molto ampio, come movimento d’opinione. Nei fatti, invece, Fridays For Future, come la sua cugina Extinction Rebellion, è più simile a un gruppo politico ambientalista che non a un vero e proprio movimento.

Un gruppo ambientalista che, se da un lato ha a disposizione una struttura impensabile per i movimenti che l’hanno preceduto, su scala internazionale, con referenti e momenti assembleari continuativi, dall’altro non è riuscito a farne un sistema organizzativo efficace, immune da personalismi (come quello della pseudo-portavoce Federica Gasbarro), chiaro e trasparente. Al momento la maggior parte dei militanti non conosce la struttura, l’organigramma e il funzionamento di FFF. Questo è dovuto sia all’estrema eterogeneità dei componenti del movimento, all’aver preso in prestito alcune pratiche dell’Autonomia come il «metodo della sintesi» e l’allergia per qualsiasi tipo di votazione, ma anche al divario tra i semplici simpatizzanti del movimento e il movimento stesso.

Questo divario si è ampliato e accentuato nel corso del tempo. Il caso di Milano è esemplare. Il gruppo locale di FFF, costituito da una cinquantina di militanti attivi, di cui chi scrive fa parte, non è riuscito ad aggregare nuove persone; se si è posto il problema di un radicamento sociale nelle scuole, l’ha fatto in modo estemporaneo e finalizzato a una semplice sensibilizzazione degli studenti e non alla raccolta di attivisti, per i quali si è semplicemente affidato al lavoro già esistente dei centri sociali. Al lavoro di reclutamento politico, si è sostituito un lavoro di comunicazione mediatica, che aveva come unico scopo apparire sui giornali, parlando alla popolazione (non c’è altro termine per definire la genericità del referente politico di FFF) attraverso gli strumenti e i canali istituzionali. In questo modo ci si è esposti a un duplice problema: la subalternità nei confronti dei media, per cui il movimento scompare quando non è illuminato dai loro riflettori, e l’impossibilità di instaurare un rapporto politico con i destinatari del proprio messaggio.

Parallelo e speculare al rapporto con i media, è il rapporto con le istituzioni. Un rapporto che si può definire propriamente dialogico: né totalmente collaborativo, né pienamente conflittuale. Ora, Fridays For Future Milano è particolarmente frazionata al suo interno: una parte, di cui fa parte anche un membro dell’attuale maggioranza del Consiglio comunale, organizza ogni venerdì un presidio di qualche decina, se non qualche unità, di persone sotto Palazzo Marino, mentre la parte maggioritaria (anch’essa etereogenea e frazionata al suo interno) gestisce tutto il resto del lavoro di FFF senza partecipare ai presidi. Non stupisce quindi che la linea adottata finora sia particolarmente compromissoria, e volta quasi più a mostrare la propria coerenza ecologista nei confronti di eventuali critiche che non alla realizzazione di una lotta effettiva.

Un ottimo esempio dei limiti politici e organizzativi di FFF è la lettera che l’8 aprile Fridays For Future Milano, insieme a Extinction Rebellion ha scritto al Sindaco di Milano e al Presidente della Regione in occasione del progetto “New Start” in vista della gestione del dopo-quarantena, che promuove l’uso di mezzi privati e automobili al posto dei mezzi pubblici. Un affronto su cui, come minimo, FFF Milano avrebbe dovuto indire un’assemblea e un momento di confronto. Invece il gruppo comunicazione ha deciso in autonomia di scrivere una lettera e inviarla, senza che tutti i militanti potessero discuterla. Non è un atteggiamento nuovo in FFF: la disorganizzazione è tale per cui l’attività politica viene gestita di volta in volta da gruppi ristretti di persone, portando a una sempre maggiore autoreferenzialità e alla costituzione di poteri di fatto e gerarchie informali. Questo è evidente anche per le questioni di livello nazionale: nelle ultime settimane si sono creati dei gruppi di lavoro senza che la maggior parte dei militanti ne fosse a conoscenza e senza che potessero scegliere dei referenti per questi gruppi. Anzi: spesso i gruppi di lavoro a cui potrebbero accedere solo un numero limitato di referenti vengono aperti ad altre persone, rendendo del tutto arbitraria la rappresentanza in quei contesti.

Ma torniamo alla nostra lettera. Premesso che sarebbe stata opportuna una campagna di comunicazione diretta con la cittadinanza, la scelta di scrivere una lettera avrebbe avuto senso solo facendo leva sulle contraddizioni di una politica sedicente ambientalista e che poi promuove l’utilizzo delle automobili. Il referente, però, dovrebbe essere in ogni caso la cittadinanza, senza avere la pretesa di convincere l’istituzione, tanto più che già una lettera era stata inviata la Sindaco, lo scorso novembre. Lettera che non ha suscitato alcuna risposta né particolari polemiche. Una nuova lettera, per quanto indirizzata anche al Presidente della Regione, non sembra una scelta propagandistica, bensì una pia richiesta di ascolto, in cui l’unico orizzonte è il confronto con l’istituzione. A dieci giorni di distanza, la lettera non ha acceso alcun dibattito ed è stata confinata negli archivi dei rispettivi uffici protocollo.

Ma è interessante entrare nel merito della lettera, che, pur senza essere un documento politico, mostra la tutta la mancanza di direzione politica del movimento. Una prima parte porta all’attenzione delle istituzioni due questioni, avvalendosi di un rapporto ARPA e di uno studio di ricercatori dell’Università di Siena: il miglioramento della qualità dell’aria di questi giorni e la correlazione tra inquinamento dell’aria e diffusione del virus. La seconda parte è invece più politica e richiede una serie di misure:

Noi chiediamo che vengano invece prese in considerazione le seguenti proposte:

1. seguendo il modello di altre città europee, incentivare l’utilizzo della bicicletta come principale mezzo di spostamento, ponendo in opera la realizzazione di una “rete ciclabile di emergenza”, come suggerito da Bikeitalia: “un sistema rapido ed economico per mettere in sicurezza la circolazione delle due ruote”;

2. scoraggiare l’utilizzo dell’auto come mezzo di trasporto non solo in quanto fonte di inquinamento, ma anche perché incentivo a una mobilità privata che promuove un sistema socialmente iniquo;

3. potenziare il servizio di trasporti cittadino (ATM) e ferroviario (Trenord), aumentando il numero di mezzi e di corse, affinché gli utenti possano facilmente mantenere la distanza di sicurezza richiesta. Prima della loro messa in servizio, sarebbe opportuno sottoporre i mezzi a sanificazione, informando gli utenti e rassicurandoli per la loro salute;

4. nel pieno rispetto dei diritti dei lavoratori, porre in atto politiche che incentivino lo smart working, considerato da molti esperti un modo di lavorare più consono alla qualità della vita dei singoli, nonché un forte disincentivo agli spostamenti con mezzi propri e, in ultima analisi, un aiuto al contenimento di emissioni inquinanti.

La genericità di queste richieste è evidente, e le rende facilmente rifiutabili. Con che modi e con che politiche incentivare l’utilizzo della bicicletta? Come scoraggiare l’utilizzo dell’auto? Con quali politiche? Su questo dovrebbe interrogarsi Fridays For Future Milano, e invece non l’ha mai fatto. Non ha mai preso in mano il Piano di Governo del Territorio per mettere in campo una controproposta; non ha mai pensato a delle alternative credibili e concrete. In questo modo ci si limita a una richiesta di buon senso ma che dà anzi la possibilità a Comune e Regione di replicare che non esistono alternative, e che le uniche scelte concrete e applicabili sono le loro, altrimenti FFF sarebbe in grado di dare le proprie.

Mentre le prime tre richieste sono banalissime ma condivisibili, la quarta è invece proprio sbagliata. Il lavoro da casa, altrimenti detto smart working (non si capisce perché sia per forza più intelligente, ma ci adeguiamo) è in questo momento una misura emergenziale che permette di tenere in piedi proprio quel sistema economico che sta devastando uomo e ambiente, e contro cui FFF dovrebbe lottare. Se come misura emergenziale non possiamo che accettarlo perché non vi sono le condizioni oggettive per opporvisi, e opporvisi significherebbe esporre i lavoratori al contagio, non possiamo in alcun modo pensare che sia «un modo di lavorare consono alla qualità della vita dei singoli», come si legge nella lettera.

È, al contrario, un modo di lavorare che rende i lavoratori soli, fisicamente soli e quindi impotenti. E non è un caso che il lavoro da casa sia una modalità lavorativa molto diffusa nei paesi più poveri del pianeta. Dove non c’è la necessità di concentrare i lavoratori in un unico posto, è più proficuo isolarli. Sia per ridurre i costi (niente affitti, niente spese di corrente, niente strumentazioni fisiche), sia perché, isolato, il lavoratore non è nulla, è un numero che si può lasciare a casa con un messaggio su Whatsapp. È vero: l’azienda ha meno controllo sul dipendente. Ma ha uno strumento di controllo che nessun lavoratore può eludere: il rendimento. I lavoratori da casa esistono già, e fanno parte di quel «proletariato cognitivo» fatto di partite IVA che in realtà mascherano rapporti di lavoro subordinato, forme di iper-precariato e di lavoro a chiamata che non hanno nulla a che fare con la «qualità della vita».

Infine, questa lettera, pur presentando un punto di vista politico (e, come abbiamo visto, non certo vicino ai lavoratori e ai più deboli), non lo esplicita. Essendo una semplice comunicazione a Sindaco e Presidente della Regione, e non un discorso che abbia come referente la cittadinanza, non si perita in alcun modo di fare un ragionamento politico. L’ecologia è ridotta così a mera questione amministrativa – e, per giunta, affrontata malamente, con pressapochismo e ingenuità, come se l’amministrazione del territorio fosse qualcosa che si può realizzare con dei buoni propositi. 

Si sarebbe potuto fare un discorso sulla riduzione dell’urbanistica a una mera spartizione fra privati, oppure parlare della privatizzazione di ATM (purtroppo, Fridays For Future Milano si rifiuta di incontrare il comitato ATM pubblica, se non per cinque minuti di intervento durante lo sciopero globale), o ancora del modello Milano. Si sarebbe potuto avviare da tempo, come detto più volte, un programma di rivendicazioni cittadine, con la consapevolezza che le questioni politiche sono tali perché riguardano l’interezza della società. E che dunque è necessario intervenire su tutta la società se si vuole cambiarla.

Fridays For Future Milano, invece, continua ad andare in tutt’altra direzione.

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