La chiamata alla mobilitazione antifascista per la mattina di sabato 23 marzo dell’ANPI, ha lasciato l’amaro in bocca. A quella giornata si è arrivati con una palese provocazione della prefettura che, dopo un balletto di giorni, ha (probabilmente su imbeccata del ministri degli interni) autorizzato la commemorazione del centenario della fondazione dei fasci di combattimento al cimitero monumentale (dopo che, alcuni giorni prima, i fascisti di Memento avevano apposto una targa proprio sul monumento, voluto da Mussolini e da loro appena restaurato, in ricordo degli squadristi caduti).
L’appello dell’ANPI per un presidio del cimitero monumentale, sembrava finalmente rispondere alla necessità di una mobilitazione forte e incisiva di cui c’è bisogno. Tanto più che per la serata era preannunciato un altro evento provocatorio: il concerto nazirock di Gainluca Iannone fondatore di Casapound (poi regolarmente svoltosi alla presenza di almeno un migliaio di fascisti). Anche in questo caso la prefettura ha, nei fatti, tollerato lo svolgimento di questa adunata neonazi. La mancata proibizione deriva infatti dalla affermazione della prefettura di non essere a conoscenza del luogo dove si sarebbe svolto l’evento, mentre tutto il mondo sapeva che i fascisti averbbero usato il capannone di via Toffetti da loro abitualmente frequentato. Così alla provocazione della mattina si è aggiunta anche quella della sera.
Tornando al presidio del cimitero monumentale, l’appello dell’ANPI ha portato alla mobilitazione di centinaia di antifascisti che, puntuali alle 9,30 del mattino, sono entrati nel cimitero per contrastare la presenza nera. In realtà il presidio, dopo alcuni interventi, è stato sciolto alle 11,00 dagli stessi dirigenti dell’ANPI perché l’accordo con la questura era che gli antifascisti abbandonassero la piazza per evitare contatti con i fascisti che avrebbero così impunemente svolto la loro commemorazione più tardi.
A questo punto in modo spontaneo, almeno duecento persone di quelle presenti al presidio, tra cui i nostri compagni, sono rimaste di fronte al cimitero per proseguire il blocco dei cancelli. Il risultato è stato che per oltre due ore i fascisti (un centinaio di squadristi) sono stati tenuti fuori e solo dopo lo scioglimento del blocco sono stati fatti entrare dalla poliia.
Ovviamente il fatto negativo è rimasto: i fascisti sono riusciti a “marcare il territorio” e a svolgere le loro iniziative.
Alcune brevi riflessioni. Intanto il proseguimento del presidio ha dimostrato che, se ci fosse stata la volontà politica, una mobilitazione più decisa avrebbe potuto evitare almeno la commemorazione del mattino e che la forza per farlo c’è. In secondo luogo diciamo in modo netto ai dirigenti dell’ANPI che è finito il tempo delle mezze misure e che, se le autorità non fanno la loro parte, occorre cha la facciano gli antifascisti. Le ultime sentenze di vari ribunali che legittimano simboli ed espressioni del fascismo, in contrasto al dettato costituzionale, dicono chiaramente che non è suffciente affidarsi alle istituzioni, tanto più quando queste sono espressione di un governo sotto la guida di amici dei fascisti. Non solo, la “moderazione” che viene costantemente ricercata fa sì che le mobilitazioni vengano viste come mera ritualità, perdendo la capacità di fare scendere in piazza molti e molte che le vedono sostanzialmente inutili. Basta paragonare i numeri della mobilitazione antifascista di Prato, svoltasi nella stessa giornata di sabato, e le sue cinquemila presenze con le cinque o seicento di Milano per avere il quadro.
Infine, altro dato negativo, di tutto il mondo dei centri sociali, dell’antagonismo conflittuale e quant’altro, praticamente nulle le presenze. E’ vero che molti e molte si stavano recando in contamporanea alla grande manifestazione romana contro le grandi opere. Ma crediamo che molte di queste realtà abbiano semplicemente sottovalutato la questione. Alcune di queste in parte teorizzano che l’antifascismo si pratica contendendo lo spazio sociale ai fascisti nei quartieri e nelle scuole e non nei momenti di contrapposizione. Che occorra sviluppare l’intervento sociale e impedire così che le demagogiche parole d’ordine dei fascisti prendano piede è sicuramente vero, ma ciò non toglie che la lotta contro il fascismo ha anche una sua specificità e che richiede anche un lavoro di educazione e di intervento ad hoc e anche la capacità di sottrargli spazio di azione.
Insomma sabato 23 marzo avremmo potuto fare di più e bloccare la farsa di Memento. Speriamo che le prossime giornate di fine aprile diano un altro respiro all’antifascismo milanese.
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