La lista fu resa nota dal Ministero dell’Interno, allora retto da Marco Minniti, l’8 maggio 2017: undici nuovi “Centri permanenti per il rimpatrio”, ovvero strutture per la detenzione di persone prive del diritto legale di rimanere in Italia e teoricamente destinate all’espulsione. In Lombardia era indicata la caserma di Montichiari, in provincia di Brescia.
Diciotto mesi più tardi, è cambiato il governo ma non la politica repressiva nei confronti dei migranti e il tema dei Cpr è rimasto nell’agenda delle cose da fare subito, secondo Salvini, l’attuale titolare dell’Interno e “vicepremier”, che ha costruito le sue fortune elettorali proprio sulla criminalizzazione dell’immigrazione.
Si modifica, invece, la sede prescelta per la Lombardia, individuata ora nella città di Milano, e precisamente in via Corelli, a ridosso della Tangenziale Est. L’intenzione, già in parte esecutiva, è quella di chiudere l’attuale Centro di Accoglienza Straordinaria, uno degli impianti che dovrebbe sopperire alla mancanza di posti nelle strutture ordinarie, di fatto inesistenti. Gli ospiti attuali del Cas saranno trasferiti, senza la garanzia di rimanere in città, e lo stabile sarà ristrutturato, assumendo le sembianze tipiche di un carcere, perché di questo si tratta.
La rete milanese «No Cpr»
Per fortuna, in città c’è anche chi non si rassegna alla costruzione di nuove finestre con le sbarre. Varie realtà milanesi e singoli cittadini hanno costituito una rete di mobilitazione regionale che assume lo slogan: MAI PIÙ’ LAGER! – NO AI CPR. L’appello, lanciato lo scorso 2 ottobre, a seguito di un percorso avviato dopo la manifestazione del 28 agosto scorso, ricorda che il tema non è affatto nuovo: i Cpr previsti dalla Legge Minniti-Orlando trovano il loro antecedente nei Centri di Permanenza Temporanea (Cpt) della Legge Turco Napolitano del 1998, poi chiamati “Centri di Identificazione ed Espulsione” (Cie) con la Legge Bossi-Fini nel 2002.
Sono cambiati i nomi, ma questi luoghi «hanno sempre conservato struttura e funzione: il regime di detenzione che vi si attua è del tutto analogo a quello del sistema penitenziario penale, con la determinante differenza che chi la subisce non è accusato di un reato, bensì della sola responsabilità amministrativa di essere privo di un valido titolo di soggiorno».
L’analisi della Rete “No ai Cpr” è che «gli stranieri nel nostro Paese sono solo le cavie dell’ultimo stadio dell’esperimento di successo, avviato negli anni ’90, di marginalizzazione delle minoranze e delle diversità, di sfruttamento delle categorie più deboli, ma anche di progressiva precarizzazione dei diritti civili, sociali e politici, che interessano tutte e tutti».
In tale contesto, i Cpr sono «l’incarnazione dell’incubo del porto franco da ogni minima garanzia di diritti umani, civili e sociali, che deve costituire un monito e un deterrente per tutti coloro che abbiano a cuore i valori della democrazia e dell’antifascismo».
La manifestazione del 1° dicembre
Da qui l’invito a partecipare alla manifestazione regionale contro l’apertura del Cpr di via Corelli e contro il decreto Salvini, che si svolgerà sabato 1° dicembre a Milano, con concentramento in piazza Piola alle ore 14.30.
Un corteo promosso dalla Rete stessa e che ha già visto numerosissime adesioni, da diverse città lombarde, di associazioni, strutture dell’Arci, comitati antifascisti, centri sociali, e collettivi. Tra le forze politiche che sostengono la mobilitazione, si segnalano Altra Europa, Diem 25, Federazione Anarchica, Partito della Rifondazione comunista e Sinistra Anticapitalista.
«La scelta di una politica di chiusura, basata sulla finzione della gestione dei flussi migratori e il controllo poliziesco delle persone migranti» ha condotto – si legge nella piattaforma di indizione – a «vent’anni di trattamenti inumani e degradanti» come attestano anche «le due condanne della Corte Europea per i Diritti Umani e la recentissima denuncia del garante per i detenuti, nonché le rivolte e i gesti di protesta spesso estremi».
Oggi sulla pelle dei migranti, domani su quella di tutti noi
E giustamente la piattaforma constata che «quello che sta accadendo sulla pelle degli immigrati oggi non è nient’altro che un trampolino di lancio per quello che un domani potrà essere applicato a tutti e tutte».
A questo proposito, basta ricordare che il cosiddetto “decreto sicurezza”, che ha fortemente inasprito la normativa sull’immigrazione, ha anche permesso di fornire la pistola taser, considerata strumento di tortura, ai poliziotti delle questure di undici città.
O ancora, che la stessa norma prevede il potenziamento del reato di blocco stradale e l’inasprimento di pene contro chiunque invade «arbitrariamente terreni o edifici altrui, pubblici o privati, al fine di occuparli o di trarne altrimenti profitto», con l’evidente scopo di criminalizzare le pratiche di conflitto sociale.
Come Sinistra Anticapitalista riteniamo dunque che il decreto “Salvini” sulla sicurezza contenga un insieme di misure per fare pressioni sulla popolazione migrante, fabbricare ulteriore marginalità e clandestinità, per criminalizzare pratiche di conflitto. Il divieto per i richiedenti asilo di iscriversi all’anagrafe e quindi accedere alla residenza o la soppressione del permesso di soggiorno per “motivi umanitari”, per citare due esempi, sono provvedimento punitivi dalla forte matrice ideologica, da dare in pasto a un’opinione pubblica intossicata.
Poiché la conversione in legge del decreto da parte delle camere deve avvenire, a pena di decadenza, entro il prossimo 3 dicembre, riteniamo, anche sotto questo profilo, utile e tempestiva la manifestazione regionale indetta per il prossimo 1° dicembre a Milano.
Invitiamo quindi alla più ampia partecipazione, sapendo che si tratta di un primo passo di una battaglia contro i lager di stato, contro la repressione delle lotte, per l’apertura delle frontiere e per cacciare questo governo infame.
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