di Gianni Urro.
Un anno fa di Sesto San Giovanni si parlava nei migliori salotti buoni della politologia nostrana. La Stalingrado d’Italia, ininterrottamente amministrata dal 1945 da giunte PCI-PDS-DS-PD cadeva allora sotto i colpi di un’alleanza tutta locale tra il centrodestra e un polo di liste civiche ammicanti al moderatismo centrista e qualunquista. Il Partito Democratico pagava così il fio di anni di progressivo abbandono delle politiche sociali, unicamente rapito dal proporsi come il governo degli affaristi e degli speculatori delle aree ex-industriali. E il centrodestra, quasi a sua insaputa, miracolosamente si ritrovava al governo della città con il contributo determinante del polo civico. Cosa resta oggi di quel passaggio di consegne? Cosa resta dell’alleanza che avrebbe dovuto invertire il declino progressivo della Manchester italiana?
Andiamo per ordine.
L’alleanza politica che ha vinto le elezioni si è infranta dopo nove mesi. Il polo civico che in Consiglio comunale deteneva la golden share della maggioranza si è liquefatto al primo sole. Il civico vicesindaco e con lui uno dei due assessori hanno rassegnato le dimissioni. Il gruppo consiliare ne ha risentito spaccandosi tra sostenitori del sindaco in carica e gli altri. Già… gli altri. Difficile definirli precisamente. Si tratta di consiglieri comunali che ancora non sembrano aver maturato un orientamento. Insoddisfatti del lavoro del sindaco, tuttavia restano in maggioranza. Ridotti al silenzio in Giunta, restano in attesa che qualcosa accada. E intanto votano. Votano come se fossero maggioranza e, in realtà, non lo sono. Probabilmente attendono che la maggioranza imploda per assestare il colpo definitivo.
Grane nel centrodestra
Perchè anche il centrodestra non se la passa bene. Dopo appena sei mesi dall’insediamento, la capogruppo di Forza Italia, il partito del sindaco, ha rassegnato le dimissioni dal Consiglio comunale in aperta polemica col primo cittadino. E il vicesindaco civico dimissionario non è stato mai sostituito, segno evidente di una difficoltà a far quadrare il cerchio anche tra i fedelissimi.
Ma come si giustifica questo trambusto istituzionale a nemmeno un anno dalla storica vittoria del 2017?
La risposta sta nelle scelte politico-amministrative sin qui adottate. Da un lato una ventata securitaria puramente demagogica ha portato l’esercito nelle vie cittadine e ha sbandierato ai quattro venti gli oltre duecento allontanamenti di persone indesiderate: homeless, migranti, rom… poveri, insomma. Gli unici con cui l’amministrazione sa fare la voce grossa. Sempre per rispondere alle urgenze securitarie è stato varato il “controllo di vicinato”, una sorta di spionaggio civico tale da far impallidire il Grande Fratello di orwelliana memoria. Come risultato, proprio la scorsa settimana tre feriti e un morto, tutti accoltellati. Il tutto mentre l’assessore alla sicurezza sciorinava i dati sulla diminuzione in città dei reati minori.
Tagli alle politiche sociali e per l’educazione
L’altro lato della medaglia è rappresentato dalle politiche sociali e dell’educazione che hanno conosciuto in pochi mesi tagli drastici. Chiuso un nido comunale. Chiuso un servizio per la prima infanzia. Chiuso un servizio di raccordo tra domanda e offerta di babysitter sul territorio. Stop ai contributi in favore delle famiglie in stato di povertà estrema. Sfratto delle famiglie in subaffitto, parzialmente a carico del Comune. Chiuso lo sportello di consulenza LGBT. Sancita l’uscita dala Rete Re.A.Dy., una rete di Amministrazioni locali contro le discriminazioni di genere. Una raffica di interventi che hanno fatto cadere la maschera ad un centrodestra che mira decisamente alla fine di ogni politica dei diritti e sociale proprio nel momento in cui se ne sentirebbe maggiormente il bisogno.
Come se non bastasse, il primo bilancio della nuova era ha portato alla vendita delle farmacie comunali (già ampiamente pianificata dal PD nella precedente amministrazione) con l’unico intento di fare cassa per costruire la macchina della propaganda. Verranno così privatizzate le dieci farmacie comunali che, risanate pochi anni orsono con soldi pubblici, ora che sono attive finiscono nelle mani dei privati. Siamo alle solite: socializzare le perdite e privatizzare i profitti. E intanto, i dipendenti comunali sono stati costretti a subire il taglio del premio di produzione.
Ciliegina sulla torta dei primi 12 mesi di centodestra, l’ira furiosa del nuovo governo cittadino verso quelle associazioni viste come nemiche del consenso: parliamo di ANPI, ANED, Emergency; ma parliamo anche di associazioni ricreative, culturali e socioeducative che sono finite nel mirino della nuova Giunta e sono sotto minacia di sfratto dalle loro storiche sedi di proprietà comunale.
Insomma, trema la maggioranza che non ha retto l’urto di scelte politiche chiaramente recanti il segno della Destra più becera. Ma al contempo c’è un’opposizione sociale che si sta costruendo e diventa sempre più presente ed organizzata. Comitati in difesa dei Nidi comunali, Collettivi a difesa dei servizi per l’infanzia, lavoratori delle farmacie comunali, inquilini delle case comunali o sfrattati, attivisti delle associazioni di volontariato… Si tratta di un mondo composito e variegato su cui è necessario intervenire politicamente non per strumentalizzare, ma per evitare che il miraggio del Partito Democratico pseudo-oppositore favorisca il riflusso nel banalissimo “Stavamo meglio prima…” Si tratta di un movimento largo di uomini e donne che sta rialzando la testa e che diventa ogni giorno più consistente. A tal punto che, in occasione dell’approvazione del bilancio, il sindaco ha blindato con polizia e carabinieri l’accesso al palazzo comunale. Anche questo in 70 anni non lo si era mai visto. Ma l’esibizione dei muscoli tradisce l’imbarazzo e la paura. C’è da sperare. C’è da lottare a Sesto come a Cinisello dove si sta ripetendo lo stesso copione.
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