di Giorgio Simoni
Durante la presentazione dei nuovi bus a trazione elettrica, il sindaco Giuseppe Sala ha ribadito la decisione di aumentare il prezzo del biglietto per i mezzi pubblici a 2 euro, dagli attuali 1,50, a partire dal prossimo anno. “Il messaggio – dice Sala – è che non è realistico non ritoccare il prezzo del biglietto, ma sulla formula e modi cercheremo di tutelare chi è più in difficoltà. Ho dato mandato agli uffici di privilegiare gli abbonamenti, eliminare quanto più possibile il cartaceo e tutelare le fasce un po’ più deboli”. “Per quest’anno – precisa – confermo che non ci saranno aumenti. Confermo che stiamo valutando l’ipotesi di farlo l’anno prossimo ma voglio dire ai milanesi che la contropartita è un servizio che ci impegniamo a migliorare sempre di più. Ciò fa di Milano la città leader a livello europeo”.
Già nell’ultima seduta del 2017 della giunta comunale di Milano, erano state approvate linee guida che andavano nella direzione di un rincaro delle tariffe del trasporto pubblico sino al 33%. La decisione aveva suscitato forti proteste dei sindaci dell’hinterland milanese, i cui abitanti pagano già oggi tariffe ben maggiori rispetto a chi risiede nel comune di capoluogo.
Per parte nostra, come Sinistra Anticapitalista, ci siamo detti sin da subito totalmente contrari a un’ipotesi di incremento totalmente assurda nella sua entità, specie se confrontata con i modesti tassi d’inflazione dell’indice generale dei prezzi degli ultimi anni.
Affermare poi che Milano sia “città leader nel trasporto pubblico” è piuttosto ridicolo: chiunque conosca le reti delle città francesi, tedesche o dei paesi scandinavi, solo per fare alcuni esempi, sa che il confronto è impietoso per la metropoli lombarda. La percezione reale è che nella gestione del trasporto collettivo milanese si tiri a campare, beandosi del fatto che altre città italiane sono messe peggio (il classico esempio di Roma, in primo luogo). Nel solco della peggiore politica, si annunciano progetti improbabili (e spesso insensati) di nuove metropolitane, come il prolungamento della linea 5 sino a Monza, o come l’ultimo studio realizzato da Metropolitana Milanese per una linea sotterranea tra l’aeroporto di Linate e l’area segratese dove stanno per partire i lavori dello shopping mall “Westfield Milano”, al costo di “solo” 380 milioni di euro.
La verità è che Sala si trova a dover gestire, come tutti gli amministratori locali, di qualunque schieramento politico, le politiche di austerità volute dai governi che si sono succeduti negli ultimi vent’anni e che si sono tradotte, tra l’altro, in un enorme riduzione dei trasferimenti statali a comuni, province e città metropolitane. L’unico modo modo per far quadrare i bilanci diventa allora spremere i cittadini con l’aumento delle tariffe dei servizi pubblici, decisione particolarmente iniqua poiché, evidentemente, tali tariffe non tengono conto dei diversi redditi delle varie fasce di popolazione e quindi gravano in maniera più pesante sui lavoratori e le lavoratrici, sui precari e disoccupati, su tutti i settori sociali più deboli.
L’alternativa sarebbe quella di contestare radicalmente le politiche di riduzione della spesa pubblica, anche con provvedimenti eclatanti, ma evidentemente ciò non è nelle intenzioni di Sala e delle forze politiche che lo sostengono, a partire dal Pd. Ma non è nelle corde neppure del Movimento 5 stelle, che pure ama presentarsi come radicalmente alternativo alle forze dominanti: è in fatti la giunta comunale di Torino, guidata da Chiara Appendino, ha appena deciso l’aumento di venti centesimi della tariffa dei mezzi pubblici.
Se a Milano esiste ancora una sinistra politica reale, dovrebbe distinguersi per una forte campagna contro la stangata sul biglietto di Atm. Noi, come Sinistra Anticapitalista, siamo disposti a promuoverla e a parteciparvi, in maniera unitaria con tutti coloro che vorranno esserci.
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