Ciao a Tutte e tutti,
sono Luca Marchi, militante di Sinistra Anticapitalista e candidato per Potere al Popolo al collegio plurinominale 4 circoscrizione Lombardia 1 della Camera dei Deputati.
Sono delegato sindacale in Ikea a Corsico fin dal suo insediamento nel 1992, sono stato tra quelli che26 anni fa hanno portato il sindacato in azienda, facendo le prime riunioni in camera del lavoro alla CGIL di via Giambellino, per poi essere nominato rappresentante sindacale aziendale. Successivamente la rappresentanza sindacale è passata dall’essere nominata a eletta tra le lavoratrici/lavoratori. Ad oggi non ho saltato un mandato come RSU.
Mi occupo di salute e sicurezza svolgendo il ruolo di Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza fin dalla applicazione della legge 626/94.
In azienda mi sono sempre occupato dei più deboli, dai contratti part time a poche ore, alla somministrazione lavoro, a tutte le persone impiegate nelle cooperative che a vario titolo sono connesse all’Ikea e che dovrebbero essere a tutti gli effetti miei colleghi e colleghe con gli stessi diritti di chi è assunto direttamente dall’Ikea.
Ho seguito le problematiche delle cooperative nel deposito di Piacenza, che serve il sud Europa per Ikea, le persone che effettuano consegne a casa del cliente, che lavorano in condizioni pessime e al limite della legalità, gli appalti che si occupano delle pulizie che ad ogni rinnovo vengono sottoposti a richieste di minori tutele e diritti da chi subentra, magari ostentando la certificazione di cooperativa sociale.
Proprio durante una fase di cambio appalto nel negozio di Carugate, Mauro, il mio collega RSU di Carugate, ed io di Corsico , siamo stati interpellati dalle persone che stavano subendo un cambio appalto tra due cooperative sociali che si occupano del riordino nel ristorante.
A seguito di condizioni lavorative e tutele diminuite intervenivamo proclamando scioperi e manifestazioni, supportati dal sindacato SGB cui aderiamo e che aveva iscritti tra la maggioranza dei dipendenti in oggetto. Per non annoiarvi vi racconto solo che Ikea non ha gradito il nostro interessamento a problematiche di altri/e lavoratori/trici e ci ha punito pesantemente denunciandoci e licenziandoci.
La denuncia penale al tribunale di Monza si è conclusa con l’archiviazione del procedimento configurando come “normali attività sindacali” i nostri comportamenti. I tribunali del lavoro, di Milano nel mio caso e di Monza per il collega Mauro, hanno confermato la nostra normale pratica sindacale, condannando Ikea al reintegro di entrambi, tramite dispositivo. Invece, a distanza di mesi dal giudizio dei due giudici, Ikea ancora si rifiuta di reintegrarci e rimetterci a libro paga. Vero è che ha impugnato entrambi i dispositivi di reintegra e usa questa sua posizione per avvallare il rifiuto di attuazione dei dispositivi dei due tribunali.
Vi ho annoiato con questo breve racconto perché credo che dalle piccole storie si possano trasferire al macro le varie esperienze, sia di lavoro che di rispetto per le persone.
Nel programma elettorale di Potere al Popolo la giustizia sociale, l’uguaglianza, la cooperazione, la solidarietà, il contrasto al lavoro che sfrutta e umilia, la povertà e l’ineguaglianza, sono al centro del nostro agire e nell’esperienza che vi ho appena raccontato ci sono tutti questi elementi di solidarietà ma anche con le ricadute repressive che si portano dietro.
Per non dimenticare che nelle cooperative spesso operano persone in difficoltà come i migranti che se riescono a sopravvivere, vengono prima rinchiusi nei centri di identificazione, ovvero nuovi campi di concentramento, e poi trattati come schiavi, senza dignità, senza diritti e sottopagati.
E’ la globalizzazione fine al profitto che ha smantellato i diritti, privatizzando e mercificando ogni cosa, la guerra di tutti contro tutti come criterio di ogni relazione sociale. Altri esempi vissuti, per riportare il micro al macro: le 6500 buste paga in Ikea venivano fatte a Milano per tutta Italia, ma poi con la regola appena descritta della competizione e del massimo risparmio, unilateralmente decisero di spostare l’ elaborazione cedolini in Polonia e così, come in altre situazioni con l’esternalizzazione di altre mansioni e reparti come ad esempio i centralini che sono stati centralizzati in un call center. La rappresentanza sindacale si è così trovata di fronte “a fatto compiuto”, con conseguenze su occupazione, organizzazione del lavoro. Sulle nostre vite insomma.
Non mi è mai andata giù la concertazione, è stata una delle ragioni per cui sono passato al sindacalismo di base: non è il momento, accontentiamoci, meglio di niente… Ma a furia di accettare compromessi, siamo arrivati al punto che i padroni, i capitalisti, gli speculatori, arrivano a negare addirittura la dignità delle persone. Citando una mia ex funzionaria sindacale: le aziende non si accontentano più di averci disponibili, ci pretendono a disposizione.
Quello che lo permette è una serie di leggi e regolamenti, legati al lavoro, ai comportamenti, alla libera manifestazione del dissenso, che avvallano questa continua compressione dei diritti, semplicemente negandoli o reprimendoli (vedi decreto Minniti Orlando). Anche il diritto ad una retribuzione dignitosa, diventa parte della negazione della dignità individuale, ma ne parlerò in seguito.
Ma il nostro orizzonte guarda ai disastri ambientali, anche loro parte di un progetto speculativo e di profitto, dalla TAV alla TAP ai cambiamenti climatici negati, al problema dell’alimentazione o dell’acqua, una manciata di persone hanno la stessa ricchezza di 3,6 miliardi di essere umani; c’è la capacità di produrre cibo per quasi il doppio dei 7,5 miliardi che siamo ma un miliardo di persone soffre la fame.
In Potere al Popolo siamo antifascisti, antirazzisti, lottiamo per cambiare le cose, la riconquista dei diritti sociali, di classe, la sovranità popolare, di sesso, l’affermazione dei diritti delle donne, della dignità come persone, la salvaguardia della natura e contro la sua devastazione, siamo per la vita e contro ogni guerra. Siamo persone e organizzazioni, democratiche e antifasciste, comuniste e socialiste, femministe e ambientaliste unite in un progetto comune che non ci rassegniamo agli sfruttamenti, sopraffazioni e ingiustizie.
Siamo Potere al Popolo, il popolo che lotta e si ribella per le migliorare le nostre condizioni di vita attuali e quelle future.
Sono convinto che sia la riaffermazione del diritto ad un lavoro liberato dalla precarietà e dallo sfruttamento, la base da cui partire, contrastando capitalismo e neoliberismo mettendo al centro le persone.
I diritti delle lavoratrici e lavoratori devono avere come obbiettivo comune un lavoro dignitoso, che abbia futuro solido mentre le condizioni contrattuali e legislative in questo momento vanno nella direzione opposta, distribuendo alle imprese sgravi e incentivi e avvallando la precarietà generalizzata.
E’ dal pacchetto Treu alla legge 30, dal Collegato Lavoro all’articolo 8, dalla legge Fornero al Jobs Act, che vengono creati strumenti utilizzati per un ricambio non solo generazionale ma di forza lavoro da contratti stabili a nuove forme di occupazione precaria senza diritti con poco salario, ne futuro sia lavorativo che pensionistico.
Con tutta questa precarizazione, frammentazione e diversificazione di rapporti di lavoro, si è creata continua competizione e concorrenza tra sfruttati/e sia interna che esterna al paese, tutte contro tutti, che diventa arma in mano ai padroni per chiedere di più e pagare meno, accaparrandosi le ricchezze trasferite dal lavoro alle rendite. Giovani sfruttati e costretti a lavoro gratuito, donne discriminate nei luoghi di lavoro, esodo di persone in cerca di lavoro, salario e futuro che qui non trovano più. Non dimentichiamoci delle tutele per la sicurezza sul lavoro, la prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali, vissuti come costo e non come investimento per il futuro e i continui episodi testimoniano come ritmi e mancanza di attenzione per la salute e sicurezza, sulla prevenzione, siano all’ordine del giorno, per garantire ancora più profitto ai padroni e l’ insicurezza di tornare a casa a chi rincorre i ritmi imposti, che sia una catena di montaggio o un algoritmo che studia le esigenze di personale nelle nuove realtà lavorative definite“4.0”. La democrazia sui luoghi di lavoro è attaccata tutti i giorni, insieme al diritto di sciopero, vedi ed esempio accordo 10 gennaio 2014 che vorrebbero trasformare in legge e che limita rappresentanza e il diritto di sciopero. Nuovamente vi propongo il parallelo tra macro e micro. In azienda abbiamo dovuto affrontare e contrastare le cessioni di ramo d’azienda, gli spezzatini delle unità lavorative produttive con appalti e sub appalti, le esternalizzazioni anche all’ estero finalizzate alla divisione/competizione tra le parti e che servono solo a togliere diritti, salario e dignità. Nello stesso posto di lavoro agli addetti vengono applicate condizioni e tutele diverse, pur svolgendo lo stesso lavoro. Continuamente apprendiamo di dismissioni di apparati produttivi perché non rispondono alle esigenze degli speculatori: ma è da considerarsi violenta una manifestazione sindacale o lo è invece la scelta di delocalizzare e chiudere una realtà produttiva come ad esempio nel recente caso della COLGAR di Cornaredo?
Lottiamo per la cancellazione di tutte le leggi che negano il diritto ad un lavoro stabile e sicuro, pagato; delle principali forme di lavoro diverse dal contratto a tempo indeterminato, la messa fuori legge del lavoro gratuito, a qualsiasi titolo prestato; il contrasto al caporalato, alle moderne forme di schiavismo, al lavoro nero o “grigio”; la cancellazione dell’articolo 8 della legge 148/2011 – che permette alla contrattazione aziendale di derogare in peggio rispetto al contratto nazionale e alle leggi – e del cosiddetto Collegato Lavoro;
Retribuzione equa e certa per le reali lavoratrici e lavoratori autonomi a partita iva, estendendo anche a loro gli ammortizzatori sociali previsti per il lavoro dipendente.
Fondamentale è il ripristino dell’originario articolo 18 e la sua estensione alle imprese con meno di 15 dipendenti; i diritti sono per tutte e tutti altrimenti diventano privilegi che non fanno altro che dividerci.
Per agganciare i salari al costo reale della vita, il ripristino della scala mobile; la ridistribuzione dei profitti con aumenti stabili nei contratti nazionali su cui puntare per unire i lavoratori/trici, la contrattazione di secondo livello è poca e limitata ai grandi gruppi e usata spesso per cancellare ridurre e negare diritti, più produttività, il nuovo cottimo, in cambio di poco.
Un reale contrasto per la fine delle discriminazioni di genere e della disparità salariale; Si può parlare di salario minimo a prescindere dalle ore lavorate per contrastare il part time sempre più spesso abusato come precariato diffuso e comunque aumento minimo orario settimanale contrattuale che garantisca vita attuale e una futura pensione (in alcuni casi ci vogliono 2 anni di lavoro per maturarne uno ai fini contributivi pensionistici).
Misure incisive per la sicurezza sul lavoro,investendo e aumentando fondi e risorse per i controlli non tagliandoli e legandoli a produttività come sta accadendo .
Per l’autodeterminazione della classe lavoratrice la difesa e il recupero di un reale diritto di sciopero, attraverso la modifica della l. 146/90, se non la sua cancellazione; una legge sulla democrazia nei luoghi di lavoro che garantisca a tutte e tutti il diritto di scegliere liberamente la propria rappresentanza sindacale, cancellando l’accordo 10 gennaio 2014 per una nuova legge sulla rappresentanza, puntando anche a rappresentanze e contrattazione di sito produttivo: tutte/i elettori e tutte/i eleggibili senza il vincolo della sottoscrizione degli accordi.
Per impedire che continui la fuga delle giovani e dei giovani dall’Italia e riaffermare il diritto al lavoro per tutte e tutti, è necessario un Piano per il Lavoro centrato su: la riduzione dell’orario di lavoro a 30 ore settimanali a parità di salario e senza andare a ridurre i permessi (come accade oggi in molti CCNL e che diventa semplicemente la pianificazione dei permessi) da applicare anche ai contratti part time, si creano così spazi occupazionali e parità di trattamento economico, tanto più necessaria a fronte dei processi in atto di automazione delle produzioni.
Investimenti pubblici in politiche industriali e nella riconversione ecologica delle economia; assunzioni pubbliche per potenziare e riqualificare il welfare, senza investimenti il paese non ha futuro; la riduzione dell’orario di lavoro nell’arco della vita, cancellando la controriforma Fornero più ore e anni stiamo al lavoro e meno entreranno nel mondo del lavoro i giovano e le giovani sfruttati e disoccupati/e che scelgono l’ estero per crearsi un futuro dignitoso .
Puntare su istruzione sanità pensioni e lavoro pubblici: finanziamenti pubblici di qualsiasi genere trasformano l’ impresa, almeno come responsabilità sociale, in pubblica. Basta soldi per progetti di sostegno all’ occupazione, contratti di solidarietà, cassa integrazione etc. seguiti da delocalizzazioni chiusure e licenziamenti. E se proprio vogliono chiudere le aziende nazionalizziamole aiutando i lavoratori e le lavoratrici ad assumersene la gestione.
L’Italia, dicono, sia una repubblica basata sula lavoro, invece è un paese che continua ad emanare leggi che lo destrutturano, rendendolo precario, instabile, sottopagato e senza futuro. Occorre cambiare completamente , occorre tutelare il lavoro e chi lavora e il nostro programma è su questo che si basa.
Questione non trascurabile, un’ ultima riflessione su come porci con le differenze salariali e legislative sia in Europa che nel mondo che portano a delocalizzazioni di massa rincorrendo una globalizzazione del profitto e con regole solo nella direzione della speculazione facile.
Direi che solo per quanto riguarda il lavoro, abbiamo un bel po’ da fare.
Grazie
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