Pur concentrando la nostra attenzione su tematiche locali, non possiamo esimerci dal proporre il testo del volantino che stiamo distribuendo a livello nazionale affinché i lavoratori metalmeccanici si esprimano per il rifiuto dell’accordo firmato da pochi giorni e che fa fare un salto indietro alle loro condizioni di vita. Perché votino un secco NO al referendum che si terrà sui posti di lavoro i prossimi 19, 20 e 21 dicembre.

I prossimi 19-20-21 dicembre i lavoratori e le lavoratrici metalmeccaniche saranno chiamati ad no_ccnl_metalmeccaniciesprimersi sul rinnovo del contratto sottoscritto sabato 26 novembre da Fim-Fiom-Uilm e Federmeccanica. Si tratta sicuramente di un contratto innovativo, ma è sufficiente scorrere gli elogi sperticati che giungono da imprese, governo e da Sacconi per comprendere quale segno abbia l’innovazione introdotta.

Per quanto riguarda la parte salariale gli aumenti saranno calcolati sull’inflazione reale misurata con l’indice IPCA. Se anche l’inflazione fosse quella oggi prevista, gli aumenti salariali sarebbero soltanto di 51 euro in 4 anni. Quello che si ottiene, se fosse confermata l’inflazione nel 2016 a 0,5%, sono meno di 8 euro al 3° livello che si vedranno in busta paga soltanto a partire da giugno del 2017.

Alla cifra di 92 euro, sbandierata nei comunicati di FIM FIOM e UILM, si arriva sommando ai 51 euro stimati di aumento vero e proprio voci che sono di altra natura legate a welfare aziendale: stiamo tornando al 1800 quando i lavoratori non erano nemmeno liberi di spendere i propri salari come meglio credevano, ma erano obbligati a rifornirsi nei cosiddetti “spacci aziendali”, ora modernamente sostituiti da fondi integrativi gestiti dagli stessi sindacati confederali o dalle grandi catene di commercio on-line.

Persino l’una tantum a copertura della vacanza contrattuale di ben 17 mesi è di soli 80 euro, un’elemosina di 4.7 euro al mese!

Ma come se non bastasse, per la prima volta in assoluto, questo contratto prevede la non sovrapponibilità dei due livelli salariali, nazionale e aziendale. A partire dal 1° gennaio 2017 gli incrementi salariali del contratto nazionale andranno ad assorbire gli eventuali aumenti ottenuti a livello individuale o aziendale. In questo modo anche le aziende dove con la lotta sono stati strappati contratti integrativi migliorativi vedranno con il tempo un livellamento verso il basso del salario.

A tutto questo si aggiunge un peggioramento per quanto riguarda la normativa sui permessi retribuiti, ora da richiedere con largo anticipo, e sui trasferimenti obbligatori. Inoltre vi è e il pieno recepimento di quanto previsto dal Jobs Act e del Testo Unico del 10 gennaio 2014 che prevede la possibilità delle deroghe peggiorative.

Si tratta semplicemente ad un pessimo accordo che consegna ai lavoratori un incremento salariale ridicolo e indefinito, che aderisce pienamente al welfare contrattuale dei premi in natura e ticket, e che lascia campo libero alle imprese per sfruttare come meglio credono la forza lavoro.

Ma la cosa forse più significativa è che a tutto questo si è arrivati senza che durante la trattativa il lavoratori e le lavoratrici siano stati chiamati da Fim-Fiom-Uilm ad una significativa mobilitazione: dove e quando ci sono stati, gli scioperi sono stati poco più che simbolici. E i metalmeccanici sanno benissimo che senza la lotta ai padroni non si è mai strappato nulla!

Per tutto questo non possiamo che associarci alla minoranza della CGIL e a quei sindacati di base che invitano a votare NO a questo contratto.

Siamo consapevoli che la consultazione del 19-20-21 dicembre è tutt’altro che democratica visto che Fim-Fiom-Uilm hanno concordato modalità di svolgimento che pongono seri limiti a chi sostiene le regioni del NO. Con la probabile affermazione del si le organizzazioni confederali sperano di scaricare la responsabilità di questo pessimo contratto sulle spalle dei lavoratori e delle lavoratrici.

Riteniamo però che una quota significativa di NO possa, in ogni caso, costituire una utile base da cui ripartire per una nuova stagione di lotta in grado di riconquistare salario e diritti.

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